kundalini
Le vie dello Shivaismo del Kashmir
In quel sistema teologico-filosofico successivamente etichettato come Shivaismo del Kashmir sono descritti altri metodi per manipolare la kundalini e quindi ottenere la liberazione in vita. L'indologa Lilian Silburn elenca i seguenti metodi: distruzione del pensiero dualizzante;
interruzione del soffio;
frullamento dei soffi;
contemplazione delle estremità;
espansione della via mediana.
A questi vanno considerati aggiunti metodi di intervento "esterni", quali la cosiddetta
"pratica del bastone" e
l'iniziazione mediante penetrazione.[29]
"pratica del bastone" e
l'iniziazione mediante penetrazione.[29]
La via dello Hatha Yoga
La manipolazione di Kundalini non è possibile se prima non si è provveduto a purificare il sistema dei canali energetici del corpo sottile, le nāḍī. A tale scopo l'adepto deve preliminarmente dedicarsi a operazioni finalizzate a tale scopo, lenāḍīśodhana. Queste prevedono posizioni specifiche (āsana) accompagnate da tecniche di
respirazione controllata e
recitazioni di mantra.
Va evidenziato che i risultati non sono affatto subito evidenti:
il praticante vi si dovrà dedicare
quotidianamente per diversi mesi.
quotidianamente per diversi mesi.
Stante alla Śiva Saṃhitā, al termine il corpo fisico si presenterà più
armonioso,
profumato,
dotato di una voce ben risonante.[26]
armonioso,
profumato,
dotato di una voce ben risonante.[26]
Sono tre le nāḍī principali: suṣumṇā, iḍā e piṅgalā: queste ultime sono come avvolte attorno alla prima, che invece è dritta, ergendosi dalla zona del perineo fino al cranio.[27] La suṣumṇā è la via maestra di risalita di Kundalini: le tecniche di purificazione hanno anche e soprattutto lo scopo di evitare che Kundalini risalga seguendo iḍā e piṅgalā. Infatti è anche possibile che Kundalini si risvegli e risalga in modo anomalo, come nel caso precedente, o anche spontaneamente: queste occasioni non conducono alla liberazione, anzi possono causare problemi.[28] Così un maestro del XIV sec.:
« Kundalini può dare la liberazione agli yogi, ma incatenare gli ignoranti. » IN ORANTI = coloro che non pregano. | ||||
(Svatmarama; citato in Feuerstein 1998, p. 169) La prassi per il "risveglio" e la "risalita" di Kundalini segue strade differenti a seconda della tradizione e quindi dei testi adottati. L'indologa francese Lilian Silburn che si è occupata teoricamente e attivamente di questo argomento distingue fra i metodi che derivano dalle tradizioni del Kula e quelli molto più tardi che fanno capo a testi quali la Haṭhayoga Pradīpikā, la Gheraṇḍa Saṃhitā e la Śiva Saṃhitā (scritti all'incirca dopo il XV secolo). Questi ultimi prevedono un impegno continuo basato molto sul lavoro sul corpo fisico e sottile: stiamo parlando dello Hatha Yoga. I testi tantrici precedenti fanno invece riferimento a metodi che sono assimilabili alla mistica, metodi che coinvolgono la spiritualità intrinseca in elementi quali la parola, il pensiero, la consapevolezza, la meditazione.[25]
Come accennato, nelle tradizioni tantriche la liberazione dal ciclo delle rinascite è vista come il "risveglio" di Kundalini seguito dalla relativa ascesa (śat chakra bedhana) nel corpo sottile fino all'ultimo chakra, dove stabilmente deve permanere in unione con Śiva. In questo stadio l'adepto ha definitivamente abbandonato il suo ego individuale (ahmakara) per identificarsi col Soggetto universale (aham).[22]
Questo percorso è vissuto dall'adepto come "attivazione", "apertura" dei chakra interessati, che ordinariamente si trovano "inattivi", come "chiusi". Il simbolismo dei fiori di loto illustra bene questo meccanismo: i petali si dischiudono al passaggio di Kundalini e successivamente si richiudono, col risultato però di aver cambiato di stato.[23] Kundalini stessa subisce cambiamenti di stato: in alcuni testi si preferisce distinguere tre aspetti: śaktikuṇḍalinī ("energia arrotolata"), per indicare Kundalini che risiede inerte nel primo chakra, il mūlādhāracakra; prāṇakuṇḍalinī ("energia dei soffi vitali"), per designare Kundalini che circola nel corpo sottile; parakuṇḍalinī("energia assoluta"), Kundalini pronta per fondersi con Śiva nell'ultimo chakra (il dvādaśānta o il sahasrāracakra, a seconda dei testi).[24]
La kuṇḍalini ha interessato anche studiosi quali lo psicoanalista Carl Jung[20], che ha cercato paralleli con la struttura e il funzionamento dell'inconscio, trovando corrispondenze dei suoi concetti di anima e animus con Kuṇḍalini e Śiva rispettivamente.[19]
Jung, che aveva letto il testo di Avalon nel 1930, seguito i seminari dell'indologo tedesco Wilhem Hauer sullo Yoga, e si era già espresso affermando di aver trovato interessanti corrispondenze fra la propria
visione e quella dello Yoga stesso, ebbe però un atteggiamento ambivalente nei confronti della kuṇḍalinī, ravvisando, nelle tecniche di risveglio della stessa, il
pericolo di essere sommersi dalle forze
dell'inconscio, qualcosa che quindi si
opponeva alla realizzazione della personalità.
Interessante è la sua visione della
disposizione anatomica dei cakra:
il primo cakra, quello dove riposa Kuṇḍalinī, il mūlādhāra, dovrebbe essere situato in alto, e l'ultimo in basso.[21]
La decontestualizzazione di questi concetti, la kuṇḍalini e il suo risveglio, i cakra, il corpo sottile, anche i mantra e forse soprattutto le pratiche sessuali tipiche di alcune tradizioni tantriche, ha però creato, la diffusione di manipolazioni e letture personalizzate. La Società Teosofica prima[19] e i movimenti New Age , si sono interesati all'argomento kuṇḍalini.
Maithuna o Mithuna è un termine Sanscrito usato nel Tantrismo, spesso tradotto come "Unione sessuale" in un contesto rituale.
Nella sezione più importante dei cinque Makara costituisce spesso il rituale principale del Tantra, conosciuto anche come Panchemakara, Panchatattva e Tattva Chakra. Sebbene alcuni scrittori, sette e scuole (per esempio Yogananda) lo considerino un atto puramente mentale e simbolico, guardando a diverse variazioni (o traduzioni) della parola
maithuna, mostra chiaramente che quest'ultima
si riferisce alla coppia maschio-femmina
nella loro unione fisica, in senso
sessuale, ed è sinonimo di kriya nishpatti. Esattamente come né lo spirito né la materia sono efficaci di per sé, ma lo sono
lavorando insieme come coppia e
portando armonia, allo stesso modo
maithuna è efficace solo se l'unione è consacrata.
La coppia, da umana, diventa divina:
ella è Shakti ed egli è Shiva. Le scritture avvertono che, in mancanza di una trasformazione spirituale, l'unione diventa carnale e peccaminosa. È anche possibile esperire una forma di maithuna di tipo mentale.
L'atto non esiste sul piano metafisico
senza penetrazione sessuale, dove la
Shakti e l'energia shakta
si trasferiscono nel loro corpo sottile da sole. È quando questo trasferimento avviene in una coppia, incarnando
la Dea e il Dio
attraverso l'annichilimento dell'ego, che la
realtà ultima e l'esperienza
di beatitudine attraversa i corpi sottili
uniti.
Il culto dei serpenti era, in India come altrove, diffuso già prima del V secolo p.e.v. I Nāga erano un popolo di esseri metà uomo metà serpente, depositari di un'antica conoscenza, e tuttora sopravvivono, presso alcuni templi indiani, raffigurazioni di questi esseri mitologici. Gli stessi Asura, una classe di dèi vedici erano raffigurati anche come dèi-serpente.[16]
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